Così parlò…  la Sacrestia

Così parlò… la Sacrestia

5 Gennaio 2020 0 Di toniorollo

Prendete un frullatore della storia, la cui batteria non va alla elettricità ma la fantasia, E metteteci dentro alcuni elementi veri tratti dagli atti di un registro di verbali del secolo scorso E un altro dato storico, Tramandato dalla tradizione: la morte del vescovo Zola avvenuta cavallino accasciando si su una sedia.
Centrifugato il tutto ed ecco cosa ne può venire fuori.
Avete mai sentito il detto: ah, se queste pareti potessero parlare?
Ebbene, Ecco fatto! Quanto detto ora è possibile!

Sono proprio io! Già il luogo solito della sagrestia della matrice chiesa. Mi chiamavano così nelle conclusioni capitolari del reverendo clero di questa parrocchia! Chiesa di Cavallino.
Avete capito bene! A parlare è proprio la sacrestia in calce e lecciso.
È inutile che l’illustre lettore si meravigli di ciò e si chieda: ma cosa mai può raccontare una sacrestia?
Tante cose! Anzi, tantissime!

Potrei raccontare, per esempio, di quella prima volta che i sacerdoti di cavallino si riunirono tra le mie quattro pareti. Era il lontano, per voi, 5 dicembre 1861. Esattamente 135 anni fa. Da quel giorno ho rivisto spesso, tra alterne vicende, il numeroso clero cavallinese.

Era un clero buffo, un po’ trasandato E pieno di aria, a volte bigotto e a volte santo, tra il Don Abbondio Don Camillo, tra il classico curato di campagna e il Santo Curato d’Ars.
Ricordo quando il 15 agosto 1865 si creò un avere propria baraonda all’interno del capitolo per la nomina del promotore. Il promotore era colui che convocava il capitolo, e tra l’altro, amministrava tutti gli avventizi introiti, In denaro in natura.

Quell’estate tutto si risolse quando, in mezzo a tutto quel parlare, si alzò Don Paolino Marchello e, con parlare linfatico, caldeggiò la nomina di Don Oronzo Totaro (Fila), nonostante la giovane età e l’inesperienza. Questa presa di posizione determinò l’accondiscendenza dei due compari di don Paolino, cioè, don Vincenzo Baldassarre e don Pasquale De Matteis. Don Francesco De Luca, tremolante come non mai, questa soluzione non l’aveva prevista. Ma il suo tremore dalla testa ai piedi fu letto dal furbo e tempestivo Don Paolino come segno di consenso. “Anche Don Pasquale acconsente, quindi don Oronzo è il nostro Promotore! E’ fatta!”, concluse don Paolino.

Che scena! Da una parte Don Francesco che sbatteva come un tarantolato, per la rabbia di veder travisato il suo tentativo di parola, dall’altra Don Salvatore De Pandis muto ed incredulo, per la mancata presa di posizione del confratello tremante. Il loro accordo prevedeva la nomina del De Pandis stesso.

Intanto Don Giovanni Battista De Giorgi, un po’ grassoccio, tutto sudato, vide in quella situazione di stallo la possibilità di concludere la seduta, disse: Reverendissimi Confratelli nel sacerdozio, non mi sembra forzato intendere questo nostro silenzio come conferma di quanto proposto dal caro Don Paolino. Quindi – concluse, ripassandosi il fradicio fazzoletto sulla sua tonda pelata – penso che questa inopportuna riunione di ferragosto possa considerarsi chiusa! Comunque se loro signori ritengono opportuno continuare a disquisire facciano pure, tanto… ieu me sta ba minu intru nu pelune te acqua frisca. Orate fratres!

Detto questo si alzò e andò via rotolando in quella sua talare tappezzata da biancastro sudore.
Che tempi! Per una sacrestia come me sembra che tutto sia successo ieri.
Come mi sembra fosse ieri quando, in seguito alla santa visita del 1866, il Vescovo decise di istituire all’interno del Capitolo la figura del Puntatore, cioè di colui che doveva segnare le presenze dei sacerdoti Durante le celebrazioni nell’ufficio. Il puntatore aveva un potere enorme dal momento che essere assente voleva dire perdere la parte di denaro che andava a favore dei presenti. Dopo una lunga e sostenuta discussione si decise che i Puntatori sarebbero stati due, per ovviare a qualche scherzo da prete. Così nella seduta del 18 febbraio 1866 fu eletto Puntatore don Salvatore De Paolis, mentre come Contro-Puntatore fu designato il rivale Don Pasquale De Matteis.

Tutto andò più o meno bene per circa 15 anni. Fu allora che successe l’irreparabile, il dramma.
Con la morte di Don Salvatore si rese necessaria la nomina del nuovo Puntatore
Fu allora che l’Economo Curato don Oronzo Totaro, con la testa dai 30 docati lasciati dalla defunta Maria Bascià, pur di ostacolare il giovane e brillante Don Santo Monittola, sostenne l’opportunità di nominare il tremolante donna Francesco de Luca per i suoi meriti e per la sua inveterata esperienza.
Don Ciccio, come tutti erano soliti chiamarlo, pur essendo d’accordo, fu costretto ad accettare dal momento che l’oscillare della testa fu nuovamente scambiato per una conferma, ancor prima che riuscisse a parlare.

Tutto ciò avvenne il 31 marzo 1882. Proprio alcuni giorni dopo la vita santa visita di Sua eccellenza Salvatore Luigi dei Conti di Zola, vescovo di Lecce, Celebrata proprio il 28 dello stesso mese.
Fu quella nomina a determinare un vero patatrac.
Successo che nel tentativo di segnare le presenze assenze delle parenti, il tremolante Don Ciccio non riuscivo a prendere la mira nelle caselle del registro capitolare. Non solo! I suoi segni andavano a finire sempre nelle caselle sbagliate È, Tra l’altro, non si riusciva decifrarli. Alla fine risultavano presenti gli assenti e viceversa. I sacerdoti andato su tutte le furie. Si misero a gridare e menare giù botte l’un contro l’altro. 

Don santo nel tentativo di legare Don Oronzo afferrò l’accordo di una campana.
Don Pasquale e Don Giovan Battista tentarono di attendere Don Ciccio alla campana. Giù botte a cadenza di campana.
La gente del paese senti gridare e suonare le campane a morto. 
Qualche spiritoso, intanto, mise in giro la voce che era morto monsignor Zola, Il quale ancora alloggiava in un palazzo a Cavallino. 

Tutti videro in quel fuggifuggi di sacerdoti, nelle loro urla e pianti, nel letto suono delle campane, una conferma quelle voci.
I cavallinesi di corsa si recarono sotto il palazzo del Vescovo. Accorsero anche dalle masserie e dai paesi vicini.
Intanto il santo vescovo, appena vide tutta quella gente correre gridando e piangendo verso la sua residenza pensò ad una sommossa popolare e fu colto da malore.

Sua Eccellenza Monsignor Zola morì a Cavallino accasciandoci su una sedia. Quando si dice il caso!

Cari Duemillari, ossia gente del 2000, una vecchia Sacrestia come me ti potrebbe raccontare tante altre storie di don Ruggero De Matteis o di don Teodoro Gigante o del trepuzzino don Pio Bianco o di Don Leone Greco da Campi Salentina o, perfino, del sagrestano Vincenzo De Pandis.

Quante storie! E chissà se un altro giorno troverò il modo di parlarvi anche di Don Antonio De Pandis o del giovane sacerdote e poeta don Raffaele Gigante o delle avventure dei missionari come padre Gino De Giorgi o del fratello Pierino Ciccarese.
Solo di alcuni non posso dire molto dal momento che sono stati tappezzati con del legno alcuni miei occhi e alcune mie orecchie.
Oggi si può anche dire che le pareti della sacrestia non hanno più orecchie.
Questa, miei cari è la verità… o sono i miei sogni? Io li confondo sempre! 

La Sacrestia & Tonio Rollo

(Pubblicato su L’Ora del Salento del 20.07.1996)